Calcio Catania: le streghe, la paura, la maledizione. Poi il cuore e la “cazzimma”

Lungi dal voler fare voli pindarici, ma il successo di Messina somiglia molto alla possibile “chiave di volta” stagionale per la truppa di Petrone.

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Ci sono vittorie e Vittorie, con l’iniziale volutamente maiuscola. E’ vero, i punti conquistati sono sempre tre, ma questi possono assumere un valore diverso, particolare, lo si percepisce nell’aria, lo si intuisce passo dopo passo. Per capire appieno il reale peso specifico del successo in terra messinese, bisogna tornare al minuto 85′ della sfida tra i peloritani ed il Catania. Segna Barisic e dalla panchina scattano tutti, obiettivo è raggiungere il settore ospiti riempito di vessilli rossoazzurri. Tra i “centometristi” che si indirizzano verso quello spicchio di campo c’è anche Mario Petrone, tecnico alla seconda uscita con la “maglia” etnea. Una corsa alla Carletto Mazzone in quel Brescia-Atalanta 3-3. Non per andare a rinfacciare qualcosa al pubblico avversario, ma per chiamare a raccolta i propri sostenitori, festeggiare con loro quella che, a mente fredda, somiglia sempre più ad un’impresa. Termine azzardato “impresa”. Il valore dell’avversario era quello che era: il Messina ha dimostrato di essere una buona squadra, niente di più. Allora perché chiamarla “impresa”? Semplice, perché quando oltre a battere gli avversari, sconfiggi anche gli episodi sfavorevoli, un contesto ostile (calcisticamente parlando), i tuoi stessi errori, le maledizioni, le paure, i tabù e le streghe che si palesavano all’orizzonte, puoi a pieno diritto avvalerti del termine “impresa”. Cuore e “cazzimma, termine napoletano, caro a Pietro Lo Monaco, che il Catania, al “Franco Scoglio”, ha fatto suo.

Cazzimma” non è una parola semplice da “tradurre”. Un sostantivo che include, dentro di sé, un mix di grinta, attributi, spavalderia e positiva arroganza. Un termine adoperato quando si respira la difficoltà del momento, la “pesantezza” degli avvenimenti, e si riesce ad uscire comunque vincitori. La “cazzimma” è soprattutto questo. Il Catania ne ha avuta tanta. Qualcosa deve essere scattato nella testa dei giocatori rossoazzurri, quando all’8′ Gil compieva la topica che gli costava il cartellino rosso. Eccole lì le sopra citate streghe, gli etnei erano obbligati a vincere, considerati i risultati maturati sugli altri campi, ma le “congiunture astrali” del “derby” sembravano mettersi di “traverso”, impedendo agli uomini di Petrone di poter respirare, consegnando un’altra settimana in apnea. Inferiorità numerica e terreno di gioco ai limiti della praticabilità, partita non per tutti, solo per gladiatori poco inclini ad andarci leggeri. Subito dopo l’espulsione del difensore brasiliano, un piccolo momento di “assestamento”, Petrone fa scalare Russotto nell’inedita posizione di terzino destro, gli chiede “Andrea, te la senti?“, il numero 10 fa cenno di sì. Eccolo lì, il primo tassello d’impavidità contro le streghe.

Il Catania resiste, regge, fa fatica a creare pericoli, con l’uomo in meno è difficile chiedere di più. Pisseri tiene in piedi la baracca, dimostra perché viene da tutti definito come un portiere da categoria superiore. Ma il destino è beffardo, sogghigna, si diverte a complicare l’andamento delle cose. Russotto stende Anastasi dopo un quarto d’ora dall’inizio della ripresa. E’ calcio di rigore. Milinkovic segna, 1-0 per il Messina, è il punto di non ritorno. Il Catania è di fronte ad un bivio: “lasciarsi andare”, accettando il fatto che “oggi non è proprio giornata” o crederci, attaccarsi alla possibilità che, parafrasando una frase celebre di Boskov, “la partita finisce quando arbitro fischia“. E il destino di cui sopra comincia a modificare il proprio volto. Silva commette un’ingenuità clamorosa, fallo inutile su Bergamelli, doppio giallo e cartellino rosso. Parità numerica, il vento sta cambiando. Pochi minuti dopo, arriva la follia di Milinkovic, che si divora la palla del 2-0. Il vento, adesso, spira a favore degli etnei. 

Pozzebon incorna un traversone di Marchese, è 1-1. Il più classico dei gol dell’ex, con annessa esultanza. Il Catania c’è, non è morto, il defibrillatore del “coraggio”, fornito da un tecnico che ha gettato il cuore oltre l’ostacolo, smuove quell’encefalogramma quasi piatto. Ma il destino è giocherellone. Vuol vedere fino a dove sei disposto ad arrivare per sopravvivere. Calcio di rigore per gli etnei. A procurarselo ancora Pozzebon, a tirarlo sempre lui, palla fuori, mani nei capelli. Incredulità. Un pomeriggio che continua ad assumere contorni paradossali. Ma gli dei del calcio tendono a premiare chi si è dimostrato coraggioso, impavido, voglioso. Tendono a premiare Mario Petrone, che getta nella mischia Maks Barisic. Altro ex, o meglio, altro gol dell’ex. 1-2. Si esplode di gioia e si ritorna al primo paragrafo di questo testo. Il Catania vince, con il cuore e la “cazzimma“. Si fermino i voli pindarici, certo, ma nell’aria c’è qualcosa di particolare. La sensazione che si sia trovata la tanto ricercata chiave di volta stagionale. Perché ci sono vittorie e Vittorie, forse quella di Messina va scritta a lettere cubitali: VITTORIA.

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