Andrea ”Dottor Coraggio”: in lotta contro la distrofia muscolare

“Testimonial della Campagna Telethon di Primavera un medico quarantunenne di Paternò che pur affetto da una gravissima  distrofia muscolare  riesce a condurre una lotta senza quartiere al proprio male attraverso una vita iperattiva e ricca di interessi”.

La Campagna Telethon di Primavera ha avuto quest’anno come testimonial  un medico di Paternò di 41 anni Andrea Lombardo affetto da distrofia muscolare di Duchenne: una una di quelle malattie congenite micidiali che si estrinsecano con un alterato stato di nutrizione dell’organismo o di una parte di esso (organi, apparati ecc . .) incidendo soprattutto nella primissima età e provocando una degenerazione neuromuscolare progressiva e irreversibile che conduce inesorabilmente alla sedia a rotelle  alterando via via sempre più la qualità della vita.

Ad Andrea questa patologia è stata diagnosticata -come avviene nella maggior parte dei casi- all’età di 2 anni, e dall’età di 18 anni vive su una sedie a rotelle. La sua voglia di studiare e di sconfiggere la malattia sono stati tali che si è laureato presso la Facoltà di Medicina di Catania superando varie problematiche e grazie alla sua voglia di realizzarsi dal punto di vista professionale è riuscito anche a specializzarsi e prendere un dottorato.

Oggi anche se costretto a vivere con il respiratore 24 ore su 24 il dott. Andrea continua a essere un infaticabile impenitente stakanovista del lavoro e, amorevolmente  sostenuto dalla sua famiglia, dagli amici e dal volontariato è sempre incline a raccontare e trasmettere a –quando se ne presenta l’occasione e con tutte i problemi  della parola la  propria testimonianza  con il duplice fine di mantenere alta, nei limiti del possibile, la qualità della propria vita e convincere gli altri che si trovano più o meno nelle stesse condizioni  come sia possibile continuare a vivere in maniera piena e autonoma.

E’ un grande amante dello sport, segue con passione le partite della Juventus in televisione, gli piace leggere, andare a teatro e al cinema e ascoltare la musica e, nonostante tutto ciò continua a sperare –com’è giusto- un miracolo della scienza che è molto impegnata  in questo come in altri settori delle malattie  misteriose  e inguaribili.

Ci accoglie con un sorriso che emerge a stento da tutto un groviglio di tubi che s’intercalano lungo il sistema naso-bocca per assicurare ai polmoni  sempre più   intorpiditi dal male quel minimo di aria  che è indispensabile  e parla con una certa difficoltà ma felice di farlo.

Come sempre accade in patologie di talgenere-ci racconta– è nel corso dei primi passi che i genitori si accorgono di un qualcosa che non va nella deambulazione di un bambino. E così fu anche per me: dapprima una diagnosi precisa emessa da un centro specialistico di Bologna e poi, via via, un tormentato percorso trapunto  di difficoltà crescenti, di cure inutili, di accertamenti senza fine, di andirivieni per gli ospedali sino a quando la rassegnazione è prevalsa prepotentemente in tutti noi: assieme a un progressivo quanto forzato adattamento a tutte le difficoltà via via emergenti che conducono inesorabilmente al  dramma della sedia a rotelle”.

-E gli studi? Da dove hai ricavato tanta volontà di laurearti in una facoltà difficile quale la Medicina e persino di specializzarti in Tossicologia? Come te la sei cavata con il problema della frequenza  delle lezioni, degli esami da affrontare, delle annotazioni da scrivere?

Per dirla con Alfieri “volli fortissimamente”. Nel mio percorso ho incontrato diversi ostacoli, ma sono sempre riuscito a superarli. Ho iniziato la scuola elementare come tutti i miei coetanei. Tutto andava bene, anche se le insegnanti non sempre sono riuscite a capirmi: molte volte ero escluso dalle attività perché non camminavo come tutti gli altri. I bambini a quell’età sanno essere cattivi, soprattutto se in classe un bambino è incapace di giocare a pallone bene quanto loro. Mi ricordo che, tanta era la voglia di giocare, ho cominciato ad organizzare delle partite di pallone coinvolgendo tutti i miei compagni. Che belli quei pomeriggi passati a tirare calci al pallone! Il primo vero ostacolo è stato quando sono passato dalle scuole elementari a quelle medie. Quelli erano anni in cui nelle scuole esistevano ancora le classi differenziate per i portatori di handicap ed io rischiai di essere inserito in una di queste. Cambiai scuola e, fortunatamente, ne trovai una in cui il preside capì la mia situazione ed io potei frequentare la scuola, normalmente. La normalità era quello che volevo. Volevo essere trattato come i miei compagni e nient’altro. Questa mia voglia è andata sempre a scontrarsi con la mia situazione, la mia malattia. Non riuscivo ad accettare che in me c’era qualcosa di diverso. E’ stato solo a 18 anni che accettai di sedermi in una sedia a rotelle. Ricordo ancora il giorno: era una sedia elettrica a comando manuale, mio padre mi aiutò a sedermici, uscimmo fuori a fare un giro. Mi accorsi che quell’attrezzo, che avevo tanto rifiutato nella mia vita, avrebbe permesso di esprimermi meglio. La mia voglia di studiare e sconfiggere la mia malattia mi portò a iscrivermi alla facoltà di medicina di Catania. Lì i problemi sono stati tanti, soprattutto legati alle barriere architettoniche che mi impedivano di frequentare le lezioni: la mattina dovevo fare i conti con i gradini dell’ingresso e le rampe di scale per accedere alle aule. Non ho avuto mai nessun aiuto da parte delle istituzioni ed io ho dovuto risolvere da solo: ogni mattina mio padre mi accompagnava in facoltà e poi, con l’aiuto di qualche mio collega, io sulla mia sedia venivo alzato e trasportato sulle rampe di scala. Ho ricevuto scarsa comprensione anche da alcuni miei professori: anche se medici, non riuscivano a comprendere sempre le difficoltà legate alla mia malattia. Durante questi anni, i problemi respiratori si sono accentuati notevolmente tanto da richiedere l’utilizzo del ventilatore meccanico. Avevo vergogna ad andare a lezione con quella maschera che mi copriva il viso, tutti mi avrebbero guardato ed io non potevo sostenere tutti quegli sguardi. Alla fine mi sono deciso: volevo diventare medico a tutti i costiDopo la laurea, ho deciso di approfondire la ricerca. Ma non era così facile come pensavo: l’approccio con alcuni miei colleghi non è stato facile perché erano ostili a darmi una mano. Io avevo bisogno di aiuto nella parte tecnica e strumentale, ma non tutti erano disposti a collaborare con me. Di fronte alla scelta se arrendermi o continuare, ho deciso ancora di andare avantiLa voglia di realizzarmi dal punto di vista professionale, ha fatto si che io prendessi anche una specializzazione e un dottorato. Grazie al mio percorso di studi, svolgo la professione di medico del lavoro  presso il Comune del mio paese. Fino a tre anni fa, non mi era mai capitato, e forse non ho mai avuto l’interesse, di appoggiarmi ad associazioni di volontariato, come l’UILDM, perché ricevevo dall’amore dei miei genitori tutta l’assistenza e le cure mediche di cui avevo bisogno.  Mi sono stati, infatti, sempre vicini sacrificando anche il loro lavoro e tempo. Inoltre ero scettico e diffidavo di chi si proponeva senza scopo di lucro. Poi però, con la maturità, ho cominciato a riflettere sulla mia situazione, sui sacrifici fatti, le sofferenze sopportate e sui traguardi raggiunti nonostante la mia disabilità,  ho cominciato a sentire il bisogno di  condividere, con le persone che vivono il mio stesso problema, la mia esperienza di vita. La mia testimonianza avrebbe potuto trasmettere qualcosa di positivo agli altri e mi avrebbe dato la possibilità di dare un senso a quello che io avevo vissuto sulla mia pelle. Così, quando mi si è presentata l’occasione di costituire l’UILDM Sezione di Catania non me la sono fatta sfuggire, infatti, l’associazione era un importante canale per quello che io volevo comunicare. Oggi mi pare di parlare di un’altra persona! Sono presidente dell’UILDM Sezione di Catania. Oltre che dare la mia testimonianza, il mio scopo è quello di aiutare chi purtroppo nella sfortuna, non è stato così fortunato come lo sono stato io ad avere dei genitori capaci di gestirmi e di fare in modo che io mi realizzassi. Molti progetti che sto portando avanti riguardano proprio questo: migliorare la qualità della vita e creare le condizioni affinché, anche nella disabilità, si possa vivere in maniera autodeterminata e autonoma. Sino alla licenza liceale ho goduto di una certa autonomia :poi dai diciotto anni in poi ho dovuto sottomettermi alla necessità della sedia a rotelle e perciò stesso  all’aiuto degli altri che per fortuna è stato sempre improntato alla disponibilità, alla diligenza e alla spontaneità.Non ci crederai: non ho perso una sola lezione e ho raggiunto la laurea  in perfetta puntualità  alla conclusione del sesto anno  riuscendo persino a acquisire  un dottorato di ricerca in Scienze motorie  che mi ha consentito di espletare in seno al Comune di Paternò un’attività volta a verificare, controllare e certificare le possibilità lavorative  dei dipendenti per conto dell’Unione italiana per la lotta alla distrofia muscolare di Catania e provincia”.

-Ci risulta che, sia pure paradossalmente, per quanto riguarda le tue occupazioni sei una vera e propria forza della natura per il numero di ruoli –in gran parte attinenti  alla distrofia  neuromuscolare in generale e a quella di Duchenne in particolare -che riesci a coprire con estrema diligenza e dedizione. Pur dalla sedia a rotelle. Come fai ?

Siamo sempre là: alla base di tanta iperattività che spero conservare ancora per molti anni risiedono la reazione spontanea  all’amara contingenza esperienza personale cui fa riscontro  uno spiccato senso di volontariato volto a evitare  per quanto possibile agli altri simili i disagi del caso” Fiducia e ottimismo verso la ricerca?

Per me la ricerca scientifica rappresenta la speranza concreta per giungere ad una cura definitiva che possa sconfiggere completamente la Distrofia Muscolare e le altre malattie genetiche. Intravedere la possibilità di una cura, di per sé, contribuisce già a migliorare la qualità di vita delle persone affette da una malattia genetica, infatti, poter contare su professionisti esperti, come i Ricercatori Telethon, che stanno lavorando per te, ti fa stare meglio. Intanto, bisogna fare in modo che i pazienti siano nelle condizioni di salute ottimali per poter usufruire di una cura prossima. Per questo motivo, i pazienti devono essere seguiti prima di tutto dal punto di vista medico. I Centri Nemo (NEuroMuscularOmnicentre) di Milano e di Messina, sono delle realtà ad alta specializzazione in cui le persone con malattie neuromuscolari possono essere curate a 360 gradi. Inoltre, è necessario sostenere gli stessi nel processo di inclusione sociale, attraverso un’assistenza adeguata. In questo contesto, la Campagna di Primavera Telethon coniuga entrambe le cose, da un lato il sostegno alla ricerca scientifica e, dall’altro, il supporto dei Centri Nemo e di tutti quei progetti che vedono la valorizzazione della persona e della dignità umana. Per questo motivo, Telethon e i volontari UILDM scenderanno in campo insieme. In particolare, i volontari della UILDM Sezione di Catania, saranno presenti il 25 e il 26 Aprile presso il Centro Commerciale Etnapolis  per promuovere la Campagna di Primavera, distribuendo le scatole di Cuori di Biscotto per sensibilizzare la popolazione“.

-Il tuo più vivo desiderio ?

Quello di istituire un centro di assistenza, cura e riabilitazione per distrofici quì nella provincia di Catania. Oltre naturalmente alla speranza di poter gettare alle ortiche questa maledetta sedia a rotelle con tutti gli annessi per la respirazione”.

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