Al Festival di Bari Lou Castel ci racconta di sè

 Lou Castel, al Festival di Bari, racconta della sua amicizia con l’attore Gian Maria Volontè


BARI – Lunghi capelli coperti da un cappello, trasandato, sguardo perso nel vuoto e voce timida: Lou Castel, 72 anni, al festival di Bari, racconta la sua amicizia con Gian Maria Volonté – il quale si rifiutò di andare a ritirare il premio a Cannes solidarizzando con Castel col quale aveva girato Quien Sabe – ed il suo impegno politico nell’Italia degli anni ’70.
Espulso dall’Italia con la legge Rocco il 4 marzo 1972: l’attore svedese, infatti, era militante del partito maoista. “Rimasi colpito emotivamente dalla decisione di Volontè, considerando come possa essere difficile per un attore rifiutarsi di ritirare un  premio“, dichiara Castel in conferenza stampa. Gian Maria Volontè  era, infatti, in corsa con ben due film a Cannes: ‘La classe operaia va in paradiso‘ di Elio Petri, e ‘Il Caso Mattei‘ di Francesco Rosi. “Oggi, – continua –  non c’è più ideologia, non basta essere motivati: non ci sono più quelle tensioni ideologiche, non c’è più Che Guevara non c’è più il Vietnam. Non dico che gli attori di oggi siano meno impegnati, ma il fatto è che allora io avevo una grande carica sociale e loro no”.
Insomma, un attore straniero che quel famoso giorno, il 4 Marzo del 1972, venne emarginato nonostante le insistenze di Bernardo Bertolucci, il quale davanti al Commissario di polizia, battè i pugni sul tavolo per convincerlo a rimanere in Italia.
Che ricordo ha di Gian Maria Volonte’?
“Ricordo la coerenza logica di un attore che diventa celebre e solidarizza con un amico non ritirando un premio che gli spetta: io, ho risolto in un altro modo, tornai tra il mondo contadino”.
Un altro pugno lo ha condizionato, oltre quello di Bertolucci: il suo ruolo neI ‘Il pugno in tasca’ di Marco Bellocchio : “Mi è rimasto un po’ di quel marchio di personaggio timido dal quale cercai di fuggire per sempre”.
    

 

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