Ha affascinato il pubblico l’atto unico di Luigi Pirandello “L’uomo dal fiore in bocca”, nella riduzione teatrale di Pino Pesce

Nella magica e storica cornice del cortile del Castello Ursino, con adattamento testuale, sceneggiatura e regia del docente e critico teatrale Pino Pesce, è andato in scena “L’uomo del fiore in bocca”.

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Un appuntamento organizzato per il cartellone del “Catania Summer Fest”, voluto dall’Assessore alla Cultura del Comune di Catania, Barbara Mirabella, con dedica a Pino Caruso e a Rosa Balistreri, nel 30° della scomparsa della folk singer di Licata.

Sul palco un prestigioso cast di attori Mario Opinato protagonista (l’Uomo dal fiore in bocca), Gabriele Vitale (l’Avventore), Luisa Morales Ippodrino (Allegoria della Vita) e Valentina Signorelli (Allegoria del Tempo). Musiche di Elisa Russo; voce fuori campo Pino Caruso; Videomaker Enza Mastroeni, coordinamento tecnico Roberto Salmeri, presidente Associazione nazionale “Maestro Vincenzo Salmeri”, ha presentato la giornalista psicoterapeuta Lella Battiato Majorana.

Il regista è riuscito brillantemente a comunicare allo spettatore la sua personale visione di far credere che con la morte non finisce tutto.

L’opera è in sinergia anche con Pirandello che ha scritto questo dramma straordinario tirando fuori il meglio delle sue virtù narrative che mettono a fuoco l’illusorietà della vita.

In scena una rappresentazione breve, essenziale e forte con video e danza scaturite dalla creatività di Pino Pesce, una “lezione” semiseria su Pirandello e la follia attraverso un gioco che l’attore Mario Opinato rende bene utilizzando le sue notevoli doti di comunicatore: “Burattini del nulla … filosofi nichilisti … il non senso della vita”.

Il dramma contiene tutta la poetica di Luigi Pirandello e mantiene l’impianto originario, arricchito da “integrazioni” testuali: invenzioni di scrittura.

Suggestiva e indimenticabile, la voce fuori campo di Pino Caruso, che si sposa con il timbro carico di energia e passionalità dell’interprete protagonista Mario Opinato.

Il regista ha curato i punti chiave e ha saputo cogliere il nuovo volto di Pirandello, chiarisce “una rilettura dell’atto unico teatrale frizzante e moderna” ed evidenzia “in questa revisione aggiungo la speranza alla visione cupa del grande Agrigentino”.

Una scena da segnalare la descrizione delle commesse che avvolgono la stoffa per i clienti, “sbirciate per ore e ore”, o il “dialogo con le sedie” nella sala d’aspetto d’un medico di provincia: “non sai mai chi siano e cosa pensano le persone che occupano quelle piccole e insignificanti sedie”.

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La vita è un fluire nel nulla, un correre a perdifiato, una corsa nel vuoto! O forse no!? «E se si desse senso al non senso pirandelliano – si chiede Pesce, in chiusura, immaginando una possibile rinascita, una nuova via d’uscita, dopo il trapasso, che dia consistenza ai ragionamenti paradossali, legati soltanto al mondo sensibile -. E se “l’altro da sé” andasse oltre “l’uno, nessuno e centomila”, della vita sensibile e fosse invece unità, senso e un’altra vita che conduce alla perfezione finale!?».

Pesce vuole sottolineare la poetica del “Di sera, un geranio”, dove viene dipinto lo scetticismo cupo pirandelliano: un attimo di buio in scena, che simboleggia un’intera vita, e il protagonista rivive, re-incontra l’avventore nello stesso bar, parla con la speranza “in bocca” come non l’aveva mai fatto prima, come non l’aveva immaginato più, per concludere con una domanda senza certezza, «Non c’è un segreto filo che porta alla Verità Assoluta!? No, cari signori, non è dato saperlo, né a voi, né a me!».

Il regisseur chiarisce “non più teatro tradizionale, ma rispettando il testo, una nuova lettura con focus sul momento del trapasso, un Pirandello non più nichilista ma a volte in una dimensione spiritualistica: ecco il nuovo volto di Pirandello”.

Apprezzate le parti che hanno visto le ballerine rappresentare le metafore dell’origine del mondo (rappresentate dal fuoco), dello scorrere del tempo, la simbiosi e scontro tra eros e thanatos (vita e morte). Colpisce il pubblico il momento del trapasso rappresentato da Opinato con Ippodrino e Signorelli che incrociano passi di danza a tempo di valzer.

Un plauso al maestro Pippo Ragonese che ha stupito con i suoi disegni sul corpo quasi nudo della Ippodrino che rappresentavano l’attaccamento alla vita, così come dice Pirandello “attaccarmi così … alla vita. come un rampicante attorno alle sbarre d’una cancellata”.

Dopo l’atto unico, si è tenuto sul palco l’omaggio a Rosa Balistreri con l’intervento della giovanissima cantautrice Giuliana Scandura, che si è esibita in una serie di brani del repertorio della cantastorie licatese, accompagnata dalla nota attrice teatrale catanese Rossana Bonafede, che nell’occasione ha fatto da madrina alla cantautrice.

Le note di Giuliana Scandura hanno particolarmente entusiasmato la platea, quando nel brano “Quannu moru” si sono alternate le voci della Balistreri con quella della cantautrice acese.

Sul palco il presidente dei festeggiamenti a S. Agata dott. Riccardo Tomasello, che ha espresso parole di elogio verso la pièce per il suo contenuto altamente teatrale e suggestivo, e anche il dirigente scolastico del liceo classico “Spedalieri” Enza Ciraldo.

Ringraziamenti al Soprintendente Teatro Massimo “Bellini” Catania Maestro Giovanni Cultrera di Montesano, all’assessore alla cultura Barbara Mirabella, ai dirigenti del Castello Ursino direzione Cultura Paolo Di Caro, responsabile Dott.ssa Valentina Noto, Giuseppe Lo Giudice, funzionario Comune Catania.

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