Il personaggio: Marco Biagianti, luce nel buio

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Il centrocampista lascia il Catania dopo una storia d’amore lunghissima. Continua o si va verso il ritiro?

Nella continua lotta tra buio e luce, c’è sempre chi vede luminosità e chi oscurità. Così è anche nel calcio. Ormai, ogni giorno, sentiamo storie di giocatori che dichiarano amore eterno alla maglia che indossano, salvo passare poi l’anno successivo alla squadra rivale. O di calciatori che, per aumentare un già ricco stipendio, iniziano a puntare a battere i piedi (e cassa) creando malumori all’interno dello spogliatoio e non solo.

Ed in mezzo a tutto ciò le storie, sempre più lontane, delle famose “bandiere” capaci di sposare una maglia a prescindere dai momenti e dalle difficoltà sembrano sempre più lontane, al pari di quelle belle storie che i nonni – che hanno visto quelle cose coi loro occhi – raccontano ai propri nipoti, dispiaciuti perché essi non potranno di certo viverle e invidiosi, per certi versi, del fatto che non potranno mai comprendere la differenza con ciò che vedono oggi, non avendo il giusto termine di paragone. Così è – di nuovo – anche nel calcio. E allora, davanti alle famose “telenovela” estive di calciomercato, i nonni o i genitori parlano di quei Scirea, Bergomi o Riva che, ormai, non esistono più. E, a loro volta, i genitori del futuro parleranno ai propri figli di quei Maldini, Totti, Zanetti e Del Piero che sicuramente nemmeno esisteranno più. Ma a Catania no.

A Catania non si racconteranno quelle storie. Ai piedi dell’Etna infatti, nella speranza sempre di vedere il Catania rivivere le gioie di un tempo, i genitori prima e i nonni dopo racconteranno ai propri figli o nipoti la storia di una bandiera rossazzurra, un Uomo – con la “u” maiuscola – che ha sposato la causa etnea a prescindere da tutto, un figlio del Vulcano: Marco Biagianti.

La storia d’amore tra il Catania e Marco Biagianti si è conclusa proprio nel recente passato e non sta a noi entrare in dinamiche troppo spesso sconosciute e che meriterebbero approfondimenti più scrupolosi. Ma quel che è certo è che nessuno potrà togliere Marco dal cuore dei catanesi e, sicuramente, nessuno potrà togliere Catania dal cuore di Marco. Così è stato quando – qualche anno fa – il centrocampista, pur potendo ancora militare in serie superiori, ha messo il cuore davanti al denaro, andando a tendere la mano a quel club tanto amato che non viveva momenti bellissimi. Marco si è re-inventato, ha avuto il coraggio di ricominciare, di scendere di categoria e di prendere, di peso, le sorti del Catania sulle sue spalle (e sulla sua fascia da capitano) senza chiedersi poi quanto convenisse o meno. Del resto, è quello che fa la luce in mezzo all’oscurità. In questi anni le peripezie molto simili ad un’Odissea omerica senza fine, non sono terminate. Tra debacle in campo, guerre in tribunale, promozioni revocate, cambi di allenatori, vittorie di playoff sfiorate, Marco era sempre lì, in mezzo al campo, pronto a metterci il cuore, il sangue e, a fine partita, anche la faccia. Spesso arrivava ai microfoni del post gara con quel volto provato dalla stanchezza fisica e amareggiato per un brutto risultato, ma con una bontà d’animo ed una gentilezza nei confronti di giornalisti, operatori e tifosi davvero fuori dal comune. Con quel sorriso e quell’umiltà che facevano sentire pari – e mai inferiore – chiunque si trovasse davanti. E, prontamente, da buon capitano si prendeva responsabilità che, spesso, non erano nemmeno sue.

Anni d’amore, di lotte e sacrifici, per la dimostrazione che il calcio non è (ancora) solo soldi e vetrine importanti. Perché si può amare una squadra e una città a prescindere dalla categoria e a prescindere dal fatto che tu non vi sia nato. Ma Marco, come dicevamo, è diventato un figlio del Vulcano, mettendo in campo – partita dopo partita – quel fuoco e quella passione tipica del popolo catanese e che mai appassirà. Per questo Catania e i catanesi saranno sempre grati al loro figlio e fratello Marco Biagianti. Per questo Catania continuerà ad essere per Marco casa, rifugio e accoglienza. Per questo la storia di Marco sarà una di quelle che si racconteranno ai propri figli e nipoti, parlando di quel ragazzino coi capelli lunghi che a Catania divenne uomo in campo e, anni dopo, tornò per darsi come uomo in campo a quei colori che tanto gli avevano dato. Per questo, quando si dice che il calcio ed i calciatori non sono più quelli di un tempo e che, ormai, regna l’oscurità, ricordatevi di Marco Biagianti. L’esempio vivente che, in mezzo a tutta quell’oscurità, ci può essere anche luce nel calcio. Ci può essere ancora Speranza.

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