Teatro: ETerNa “A vucca l’amma” al Castello Ursino di Catania

Da sabato 27 luglio a martedì 8 agosto (ore 21,15) per “Estate a Castello Ursino“, la rassegna promossa dal Teatro Stabile di Catania in collaborazione con il Comune

foto eterna

La città e il Vulcano, una simbiosi totale e assoluta, addirittura emblematica se si guarda all’architettura barocca di Catania, frutto mirabile della ricostruzione settecentesca seguita alla più rovinosa delle numerose colate laviche. “Melior de cinere surgo” si legge nella celebre iscrizione che si trova sulla Porta Ferdinandea realizzata su disegni dell’architetto Stefano Ittar. Ed è questo il perno di ETerNa “A vucca l’amma”, testo inedito di Luana Rondinelli, terzo e ultimo titolo della rassegna “Estate a Castello Ursino”, prodotta e realizzata dallo Stabile in collaborazione con il Comune di Catania, allo scopo di promuovere la nuova drammaturgia siciliana e gli artisti isolani, come sottolinea la direttrice del TSC Laura Sicignano.

L’appuntamento è nella Corte di Castello Ursino da sabato 27 luglio a martedì 8 agosto. La regia è di Nicola Alberto Orofino, che ha lavorato con nomi del calibro di Luca Ronconi. Massimo Popolizio, Mariangela Melato, Franco Branciaroli, Ferrucio Soleri, Gigi Proietti, Peter Stein, Gianfranco De Bosio. E nelle ultime stagioni la collaborazione dell’artista i Orofino – e dell’ampio gruppo di attori etnei che lo affiancano – con il TSC. Scene e costumi sono di Vincenzo La Mendola. Il cast comprende Roberta Amato, Gianmarco Arcadipane, Alessandra Barbagallo, Francesco Bernava, Giorgia Boscarino, Daniele Bruno, Marta Cirello, Cosimo Coltraro, Egle Doria, Valeria La Bua, Silvio Laviano, Giovanna Mangiù, Marcello Montalto, Lucia Portale, Luana Toscano.

Regista e interpreti hanno collaborato con la pluripremiata autrice alla versione definitiva della drammaturgia. Il lavoro di questa giovane formazione prosegue, dopo “68 punto e basta” (prodotto dallo Stabile nel 2018), nell’indagine sull’identità della città: un percorso tra Storia e Memoria per comprendere il Presente. Lo spettacolo, come si è anticipato, è costruito su un episodio fondante della storia di Catania: la distruzione della città in seguito all’eruzione nel 1669. Ma anche la sua ricostruzione e la capacità di ricominciare ogni volta che quella minaccia si è ripresentata. Da qui il titolo, che all’interno del nome del Vulcano, indicato in maiuscolo“ETNA”, aggiunge due lettere minuscole a formare la parola “ETerNA”, che dà il titolo alla pièce con il sottotitolo “A vucca l’amma”, tipica espressione dialettale, che non ha bisogno di essere tradotta, in quanto indica la cosiddetta “bocca dell’anima” di ognuno e di tutti i “civitoti”, ma anche quella di Mongibello, altrettanto agitata e in perenne tensione. In entrambi in casi ad indicare profonda sensibilità e interiore travaglio.

«L’eruzione che sconvolse Catania l’ho raccontata dal punto di vista umano attraverso gli occhi della sua gente. Ho fatto vibrare la “terra” e le parole in dialetto per renderla ancora più vera, ogni personaggio descritto ha il “fuoco” in sé, il fuoco di questa terra che ci appartiene, come in una simbiosi perfetta tra ciò che ci circonda e quello che abbiamo dentro, in un’evoluzione più che mai attuale tra la terra e l’uomo. Una storia che ci riporta indietro ma che guarda al futuro e rende questa città…ETerNA». Parola di Luana Rondinelli, Premio della critica al contest internazionale Etica in Atto 2013, Premio Roma Fringe Festival 2014, Miglior scrittura originale al festival nazionale Teatri Riflessi di Catania, Premio Fersen alla drammaturgia, Premio Mario Fratti di New York, Premio Anima Mundi 2018 alla drammaturgia femminile:

E come annota il regista Nicola Alberto Orofino:  «Quel fuoco non distrugge soltanto, ma salva e cambia Catania. Niente più sarà come prima. La politica e la religione si posizionano in prima linea perché obiettivo è fermare il fuoco e ricostruire il prima possibile. La Santuzza portata in giro in continuazione, anche più volte al giorno nella speranza o certezza, che è con Lei, solo attraverso Lei, l’unica possibilità di ottenere l’intercezione divina. E Catania cambia. E si fa pure presto. Si spostano cittadini, si costruiscono quartieri, si chiamano architetti e mastri. Catania si fa bella. Catania cambia, sempre più in alto sopra la lava fredda, sempre più nera. La storia di quei giorni è un esempio di “cose fatte bene”? Di cieca superstizione? Di tragedia finita bene? Non so. Quello che è certo è che raccontarla può essere indispensabile alle donne e agli uomini di oggi, figli “eterni” di una città (leggi anche nazione) che predica il cambiamento ma poi finisce col gestire dissesti e sconquassi. E questo da 350 anni. Almeno.»

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