Premio Internazionale Giornalismo Maria Grazia Cutuli

Si è svolto sabato 24 novembre a Santa Venerina (CT) la XIV edizione del Premio intitolato all’inviata del Corriere della Sera uccisa in Afghanistan Lectio magistrale

Nel corso della serata, condotta dalla giornalista Daiana Paoli di Rai News 24,  si è tenuto un dibattito sul tema drammatico della migrazione,  con una speciale attenzione rivolta ai bambini e soprattutto ai minori non accompagnati e al tema dell’accoglienza.  Al dibattito hanno partecipato Enzo Bianco, vicepresidente del Comitato Europeo delle Regioni, Carmela Pace, vicepresidente UNICEF Italia e Mimmo Lucano, sindaco di Riace.

Come nelle precedenti edizioni, la cerimonia ufficiale del Premio Maria Grazia Cutuli è stata preceduta da una mattinata di studio con lezioni magistrali tenute dei tre vincitori alle ore 10.00 a Catania, nella sala conferenze del Polo Didattico di via Gravina del Dipartimento di Scienze Politiche e Sociali  dell’Università.

“Le sorti della Primavera araba”  il titolo della lectio magistralis di Dina Ezzat, mentre Fabrizio Gatti ha trattato il tema “Il quarzo, l’orologio e la vita da giornalista. Come cavarsela in un mondo senza sintesi”. Stefani D’Ignoti, infine, parlerà di “Kim Wall e la nuova generazione di reporter in aree di crisi”.

Ha coordinato le lezioni magistrali all’Università e moderato il dibattito serale al Teatro Eliseo di Santa Venerina il giornalista Antonio Ferrari, editorialista del Corriere della Sera.

Nel primo pomeriggio si è svolto, come di consueto, una breve commemorazione di Maria Grazia Cutuli nel piccolo cimitero di Dagala del Re, che ospita le spoglie della giornalista assassinata in Afghanistan.

Stefania D'Ignoti

Ad offrire grandi emozioni sono stati i tre vincitori di questa edizione, protagonisti della mattinata di studio svoltasi, sabato mattina, nella sala conferenze del Polo Didattico di via Gravina del Dipartimento di Scienze Politiche e Sociali dell’Università di Catania.

Coordinati  dall’editorialista del Corriere della Sera  Antonio Ferrari e dalla giornalista di Rai News 24 Daiana Paoli, Dina Ezzat (vincitrice della sezione Stampa Estera), Fabrizio Gatti (vincitore della sezione Stampa Italiana) e Stefania D’Ignoti (vincitrice della sezione “Giornalista siciliano emergente”) hanno tenuto delle lectio magistralis  sul giornalismo.

Dina Ezzat

Un momento di riflessione che, come di consueto, ha  preceduto la cerimonia ufficiale di premiazione svoltasi la stessa sera del sabato  a Santa Venerina.

Una collega di valore che ha intervistato personaggi di livello mondiale come il presidente Mohammed Khatami, i leaders palestinesi Yasser Arafat e Mahmoud Abbas, il primo ministro israeliano Shimon Peres, i leaders iracheni prima e dopo la guerra del 2003, i leaders di Hamas in seguito alla loro ascesa al potere a Gaza. Mi ha, anche, accompagnato nella mia intervista a Nagib Mahfus, vincitore del premio Nobel per la letteratura”. Queste le parole che Ferrari ha utilizzato per introdurre Dina Ezzat –  vice caporedattore del settimanale egiziano in inglese Al Ahram  weekly (che significa “Le Piramidi”), abbinato al quotidiano Al Ahram, che scrive anche per l’edizione web Al Ahram online – che ha trattato il tema “Le sorti della primavera araba”.

Ha lasciato tutti incantati e senza parole l’intervento di Fabrizio Gatti, dal 2004 inviato e giornalista investigativo per il settimanale “L’Espresso”

Fabrizio Gatti

“Il giornalista, – ha detto Gatti –  in un mondo dominato dai social, ha ancora un ruolo importante: certificare l’autorevolezza di ciò che viene raccontato. I produttori di social media non rispondono di ciò che viene scritto. Non hanno responsabilità. Il giornalista sì. Anche se le nuove tecnologie, da cui non si può ormai prescindere, hanno determinato una trasformazione del suo lavoro, il giornalista fa una sintesi dei fatti. Ha un ruolo di mediatore tra i fatti e la notizia”.

Molto illuminante il passaggio in cui Gatti ha illustrato le vere cause dell’immigrazione. “Gli Occidentali continuano a saccheggiare le zone del Medio Oriente e dell’Africa. Si pensi ad esempio alla Francia la cui energia nucleare è alimentata dall’uranio prelevato dal Niger, ex colonia francese. Nel Niger, però, il 97% della popolazione non ha accesso all’energia elettrica. All’ospedale pubblico del Niger c’è l’energia elettrica ma non sempre funziona. Consultando i registri della camera mortuaria, ho trovato giorni in cui c’erano picchi altissimi di mortalità. Ho chiesto il perché. Mi è stato risposto che ciò accade quando manca la luce e non si possono accendere i ventilatori.  In molte parti dei paesi mediorientali la gente va via perché le zone sono diventate aride. I pochi alberi presenti sono stati abbattuti per produrre energia. Non  vi sono pozzi di acqua. In cambio di tangenti di alcune decine di migliaia di euro intascati da qualcuno,  questi territori vengono depauperati delle loro ricchezze minerarie. Dietro le grandi correnti migratorie degli ultimi anni  vi è, quindi,  la povertà e lo sfruttamento. Ma l’immigrazione, se manca l’attività di sintesi svolta dal giornalista, viene vista come un fatto a se. Eppure basterebbe poco per creare lavoro in queste zone.  L’ONG ‘Terre solidali’ e l’Università di Torino sono riusciti a creare 20 posti di lavoro con un microcredito di 25.000 euro a sostegno di iniziative imprenditoriali stabili affidate alle donne in Niger, Paese chiave del traffico di migranti verso la Libia”.     

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