Brillante chiusura del Sesto Senso Opera Festival a Taormina con le “grandi voci” della lirica

Intensa e scintillante la serata finale del Sesto Senso Opera Festival, ideato dal tenore Marcello Giordani, svoltasi a Taormina nella fastosa cornice del teatro antico, il 29 luglio

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Con una parata di “grandi voci”, la direzione artistica e l’organizzazione hanno voluto salutare il pubblico attraverso un omaggio al belcanto interpretato dai soprano Daniela Schillaci e Desiree Rancatore, nonché dal baritono Nicola Alaimo e dal tenore Marcello Giordani. Pubblico che, in verità, si aspettava più numeroso, ma ha riempito solo due settori superiori e ampi vuoti ha lasciato nel settore centrale; pubblico che abbandonava lo spettacolo a tratti poco prima che finisse, sicché -come dice un autorevole critico- le “cose di Taormina” son così: tranne i melomani giunti da Catania e Messina, una vendita di biglietti all’ultimo minuto e per strada a persone d’occasione non può che riserbare codeste situazioni. E tuttavia la serata merita il doveroso riscontro, per quello che offrì agli attenti convenuti: ossia un registro di voci intense e a tratti di gran livello, con la presentazione dell’ottimo e bravissimo collega Salvo La Rosa, veterano oramai degli eventi siciliani e di Taormina in particolare, affiancato dalla giornalista Michela Italia, al suo debutto da presentatrice che risultò più che degno.
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Delle “voci” del Sesto Senso che allietarono la in parte fresca serata taorminese, si segnalò Desiree Rancatore che attraverso il suo caratteristico vibrato fece rivivere le note donizettiane (duettando con Alaimo in pagina dell’Elisir d’Amore) e verdiane; si azzardò pure nell’intonare la belliniana “Casta diva” ma lì, si sa, vi sono troppi elementi che, dopo le voci di Maria Callas e di Maria Dragoni, difficilmente possono mantenere quei livelli; così Nicola Alaimo se parti dal “Barbiere” rossiniano con lentezza, si riscattò poscia nella parte dei duetti con la Rancatore e Giordani, particolarmente nell’aria tratta dalla “Forza del destino” verdiana. Marcello Giordani ha sempre una bella voce, un registro forte e lo dimostrò nei suoi interventi musicali, da “e lucevan le stelle” all’immancabile napoletanità di “Core ‘ngrato”: però le corde soprattutto negli acuti, risentono di stanchezza e lo sforzo fisico per certi versi fu plasticamente evidente; il pur bravo Guagliardo Giordani non è lo stesso vocalmente dell’artista che calcò i palcoscenici del mondo anni fa; meritevolissimo di laude nondimeno per le sue attività a pro della cittadina natale di Augusta (ove opera l’Accademia Yap da lui fondata e diretta) nonché per aver scelto di dare spazio ad una giovane artista disabile locale, Alfina Fresta, che ha deciso di far duettare con lui in tale occasione, festeggiandola nel giorno del compleanno; il binomio musica e disabilità non è stato mai invero un tabù (si pensi ai musicisti di strada, sovente orbi e deformi) ma adesso assurge ai più affermati palcoscenici.
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Infine Daniela Schillaci, reduce da una Aida in Spalato, ha dato notevole riscontro della sua voce piena, densa, in grande forma come non la ascoltavamo da un po’: sia le arie dal Trovatore, per cui il suo timbro ben si uniforma, che la classica “Mattinata” di Leoncavallo le interpretò con suono pulito e terso, emergendo nel gruppo degli artisti.
Menzione speciale merita la Medisonus Orchestra, formata la più gran parte da elementi del Teatro Bellini (tra cui si notò il primo violino Vito Imperato) la quale, sapientemente diretta dalla bacchetta gentile e serena del Maestro Nino Manuli (allievo, non a caso, del grande Maestro Renzetti) si cimento, oltre negli accompagnamenti ai solisti, nelle sinfonie di “Norma” e del “Pirata”, con un evidente omaggio a Vincenzo Bellini: in particolare assai gradita la sinfonia del Pirata (“la quale piacque assaj assaj”, scrive Vincenzo a Catania allo zio Florimo in quel 1827) primo grande successo del Cigno catanese, per cui egli volle precisare quanto doveva all’arte del nonno Tobia memorando i ricordi olezzanti di gelsomino, della città nativa e della zona onde nacque, sulla via poi denominata Vittorio Emanuele. La serata si concluse con la canzone “Non ti scordar di me” e il classico “Libiam nei lieti calici” da parte di tutti gli interpreti, nella consapevolezza che l’amore, di cui tanto si narra nelle storie di lirica, seppur contrastato a volte feroce e anche profondamente conflittuale, su tutto vince e che se si sceglie l’armonia anche contro i provvisori fastidi della vita, essa ripaga sempre nel cammino del tempo. Se si ascolta il cuore.
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