Grande successo per la Traviata di Verdi al Teatro Bellini di Catania

Successo di Traviata al “Bellini” di Catania nell’allestimento della Fondazione Teatro Massimo di Palermo con al regia di Mario Pontiggia, scene e costumi Francesco Zito. Daniela Schillaci interpreta con arte e maestria il ruolo principale

thumbnail_3F4A9097c (1)Una Catania “ottocentesca” ha gremito ogni ordine di posti del Teatro Massimo “V, Bellini” di Catania per abbracciare e ascoltare la “sua” Daniela Schillaci, e stupire per le scene e i costumi di Francesco Zito che, con il regista Mario Pontiggia, hanno trasposto il capolavoro di Giuseppe Verdi “La Traviata” di mezzo secolo, ambientandolo nella Palermo della belle époque.

Un’invenzione seriamente studiata e fortemente argomentata, per riprendere quel momento magico del capoluogo siciliano, nel quale si aprì al mondo con l’intelligenza e capacità imprenditoriale dei Florio e l’eleganza stilistica e allure culturale dell’architetto caposcuola Ernesto Basile e del mobiliere Vittorio Ducrot.

thumbnail_3F4A9909cLa Fondazione Teatro Massimo di Palermo ha investito con convinzione e generosità nel progetto mettendo l’opera, con altro cast, in calendario a marzo del 2017. Lo stilista Ungaro, per la prima, diffuse nella sala palermitana un profumo studiato appositamente per l’occasione.

Insomma, un allestimento sontuoso (tutt’altro che una modernizzazione minimalista) largamente apprezzato nella tournée dell’estate scorsa fatta in Giappone, che ancora andrà all’estero nei paesi del golfo arabico.

thumbnail_3F4A9307cDaniela Schillaci, grande soprano tornata nella sala del Sada nel ventennale del suo debutto sulle scene, ha interpretato Violetta Valery con slancio e temperamento, sublime nella IV scena del III atto quando, consapevole dell’imminente fine, ha impresso al suo timbro vocale una coloritura ricca di pathos suscitando emozioni e suggestioni nel pubblico che la ha largamente ripagata con numerosi insistenti applausi a scena aperta per tutta l’opera.

Anche l’orchestra del “Bellini” ha fornito una prestazione efficace e di spessore, porgendo il suono alla scena, suggerendo e sottolineando al bisogno. Con originalità e qualità culturale, il regista, ben secondato dal direttore d’orchestra Jorgi Bernàcer, ha voluto e ottenuto che il coro assumesse quella funzione di personaggio “collettivo” propria del teatro classico antico; intenzione ben resa grazie all’arrivo in scena della coppia di ballerini che, rappresentando il coreuta, completano ed esplicitano il raffinato riferimento culturale, combinando i movimenti di scena delle “masse” con le loro coreografie.

thumbnail_3F4A9820cI ruoli principali sono stati affidati al tenore Javier Palacios (Alfredo) e al baritono Piero Terranova (Giorgio Germont); di fianco: Sabrina Messina (Flora Bervoix), Carmen Maggiore (Annina), Riccardo Palazzo (Gastone), Angelo Nardinocchi (barone Douphol), Gianluca Tumino (Marchese d’Obigny), Dante Roberto Muro (dottor Grenvil), Filippo Micale (Giuseppe), Salvatore Di Salvo (domestico di Flora/ commissionario).

Singolare casualità, dopo aver inaugurato la stagione lirica con “La Rondine” di Giacomo Puccini, considerata erroneamente per molto tempo “l’anti-Traviata”, al “Bellini”, due titoli dopo, è andata in scena la rivale verdiana, ma la professionalità del direttore artistico Nicolosi vieta considerazioni “pettegole”; nella scelta di titolo e allestimento abbiamo letto valutazioni qualitative.thumbnail_3F4A9884c

L’opera è nota, resta in piedi quella questione femminile agitata in tutti i testi teatrali di ogni tempo, chiamata da Catherine Clément, a nostro avviso impropriamente, la défaite des femmes e che Francesco Maria Piave qui ha trattato rudemente e sbrigativamente non accorgendosi della contraddizione di Giorgio Germont che entra in scena marchiando Violetta di donna disonorevole e poi rimprovera il figlio “di sprezzo degno se stesso rende …”: altri tempi, oggi si sarebbe sentito rispondere “senti chi parla”. Ma la più titolata ironia sui libretti di Piave è di Alberto Savinio.

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