Punta di diamante della cultura della Sicilia: Mario Scamardo

Punta di diamante della cultura della Nostra Sicilia: Mario Scamardo. Intervista al Professore Mario Scamardo. 

il professore mario scamardo
Il Professore Mario Scamardo

Cosa è per lei, Professore, la vera essenza della Cultura?

Cultura è mettere in atto quella grande arte che è l’ascolto. Il fanciullo, educato all’arte di ascoltare, immagazzina dati sui costumi, sulle credenze, sulle opinioni, sui saperi, sulle tradizioni, sulla cultura degli altri, sulla storia del gruppo sociale in cui vive e dei gruppi sociali con i quali, man mano, si rapporta. Cultura è lo studio, l’esperienza, la rielaborazione delle conoscenze che si apprendono e, soprattutto, l’educazione della propria mente a mettersi in discussione tutte le volte che del nuovo arriva alla propria conoscenza. Leonardo da Vinci soleva ripetere: Sapere ascoltare significa possedere oltre al proprio, il cervello altrui“.

Che lezioni di vita darebbe ai giovani che si avvicinano alla sua arte e alla sua persona?

Ai giovani vogliosi di apprendere, di  capire, di avventurarsi, penna in mano, a donare agli altri il proprio sapere, suggerisco sempre di imparare ad ascoltare, fino alla nausea; di convincersi che si può anche non condividere ciò che gli altri dicono o pensano, ma si ha l’obbligo di rispettarlo, affinché l’armonia regni sovrana. Nessuno è tenutario delle verità rivelate e nessuno è stato “Unto”, tutto è opinabile!

Un pregio ed un difetto (qualora ve ne fossero ) di Mario Scamardo.

Non mi accontento mai di una notizia, di solito la verifico e la confronto. Non giudico mai! Ho un grave difetto, arrivo con un’ora di anticipo agli appuntamenti; spesso l’attesa è più gratificante dell’incontro stesso. Dopo 10 minuti esatti se la persona con cui devo incontrarmi non arriva, vado via perché ritengo il ritardo non giustificato una mancanza di rispetto.

Può dare ai lettori una inedita notizia concernente la sua attività culturale?

Ho ultimato da poco un volume di narrativa, 400/450 pagine. Non ho definito il titolo; tratta di tre donne, un architetto, figlia unica di famiglia borghese, trasferita da Roma a Palermo, che diventa “donna di mafia”. La seconda rinuncia all’amore per un uomo per occuparsi dei suoi genitori adottivi, poi si fa suora. La terza donna vive una storia d’amore con un prete, i suoi sette giorni di trasgressione. Pronto altresì per la pubblicazione, un volume di racconti brevi (800 pagine circa)“.

Il Professore negli anni ’70 ha dato vita al gruppo Teatrale Le Maschere Jatine, operando per la rinascita del teatro dialettale. Ha scritto per il teatro la farsa in tre atti “Tringuli minguli avugghi e spinguli”, l’atto unico “A fuitina”  e le commedie “U ‘Ncucchiaviddichi” (due atti), “La Notti di Natali” (due atti) e ”A Fattura”  (atto unico), “La Compassione” (tre atti). Nel 2002 ha pubblicato la silloge dialettale “Li me savuti a muntuni” (I miei voli pindarici e le voci dei miei silenzi) e in lingua, in coautoria con Sara Riolo, “I pregiudizi delle lune d’argilla” (2003), nel 2005 ha pubblicato la silloge in lingua “Lettera ad una Principessa”.

In prosa, in coautoria con Sara Riolo ha scritto “Il Favoliere: Cucù e le sue storie”. Ha contribuito nel 2008 alla realizzazione del testo “Musica dai saloni” e nel 2009 alla realizzazione del testo “Serenate al chiar di luna” editi dall’Assessorato dei beni culturali e della Pubblica Istruzione della Regione Siciliana, con prologo di Andrea Camilleri. Nel 2010 ha pubblicato il romanzo “I semi del melograno nano” edito da NOVECENTO. Nel 2013 ha pubblicato il romanzo “Il matto” edito da Divinafollia.

Ha collaborato con la rivista “La Sicilia Ritrovata” edizioni Giuffrè. In campo teatrale, ha operato come consigliere d’amministrazione del teatro stabile “Biondo” di Palermo. Dal 1985 al 1995, ha partecipato alla vita politica palermitana come consigliere provinciale e assessore all’Agricoltura, Montagne e Zone Interne. È stato per 35 anni docente di materie tecniche all’Istituto Superiore “Ettore Maiorana” di Palermo.

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